lunedì 13 giugno 2011

Zen Circus live at LA DARSENA – Castiglione del Lago (PG) 11-06-2011

I Zen Circus sono stati capaci di farmi espatriare dal mio piccolo paese di provincia per arrivare ad un altro a 184 km di distanza dal mio, Castiglione del lago, un posto che per raggiungerlo devi fare 800 rotatorie ( o rotatroie, perché dopo un po’in macchina non ne potevo più) in un locale a due passi dal lago Trasimeno, la Darsena.

Appena arrivata noto subito che ci sono alcuni membri dei Fast Animals and Slow Kids a vedere il concerto, e colgo subito l’occasione per fare i complimenti al cantante, Aimone ( si, avete capito bene, Aimone con la A) per i suoi baffi, mentre vedo Ufo che suona uno strumento strano davanti ad una bancarella.

Dopo una sigaretta mi metto subito vicino il palco, che noto essere rasoterra. I ragazzi intorno a me si conoscono tutti, e mi fissano, evidentemente è chiaro che dopo “ahò ma quannè che sonano?” hanno capito che non sono esattamente di quelle parti, oltretutto io e le mie amiche indossiamo  giacche pesantissime foderate di pail e tutti sono praticamente in costume, e mi sento come in quel film di Totò in cui va a Milano col cappotto.

Intanto l’adrenalina sale (ed io comincio ad abituarmi al clima darseanico e rimango in canottiera), il concerto inizia tardi, dopo la mezzanotte, per la Darsena riecheggia un intro messo in play con l’inno d’Italia.

Gli Zen salgono sul palco ed iniziano subito con “Gente di merda”, cui seguono altri brani tratti dal loro ultimo lavoro “Andate tutti Affanculo”, fino ai grandi “classici” del loro repertorio “Vent’anni” e “Figlio di puttana” cantati a squarciagola da una folla inferocita che non sta ferma un attimo, quasi finisco sul palco dagli spintoni.

Gli Zen dal vivo sono una potenza, beffardi, irriverenti (ad un certo punto Ufo dedica il brano “We just wanna live” alla Madonna) , ma anche divertenti quando eseguono l’immancabile (anche se si avvicina ferragosto) “Canzone di Natale”, con un Karim-Abdul che fa sganasciare dalle risate.
I tre toscani coinvolgono il pubblico in ogni loro cazzeggio o discorso , invitando tutti i ventenni e non, ad andare a votare al Referendum.  Neanche mi rendo conto, tra il sudore e le botte, che il concerto è finito, con la bellissima “Sailing Song”, si spengono le luci sul palco e partono musiche truzzone e tutti in pista a ballare.


Con un’abbondante quantità di vino nel corpo, vado verso il backstage a consegnare il mio disegno (stampato per l’occasione sul supporto rigido) ad Appino che mi saluta con un “Ciao Dottoressa”, mi offre una birra nel backstage, e tra una chiacchierata, una foto, e una figura di merda epocale (ad un certo punto sono così sbronza da scambiare birre per banane) dopo essermi ripresa, mi rimetto in viaggio, verso casa.


E di nuovo quelle maledette rotatroie.















Foto: Giulia Delprato 





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