domenica 2 marzo 2014

I Gatti Mézzi – Vestiti Leggeri (2013)


“Morirò co’ semi dentro ‘ome poponi”

I Gatti Mézzi sono i due pisani doc Tommaso Novi e Francesco Bottai. Pianista e campione mondiale di fischio uno e chitarrista l’altro, sono uniti dalla passione per un tipo di composizione ironica, sperimentale, colta e irriverente che scivola su melodie che spaziano dal jazz allo swing passando per le sonorità della musica popolare. Caratteristica principale di tutta la loro carriera artistica è l’uso del dialetto toscano nelle liriche.


Vestiti Leggeri è il loro quinto album in studio, dove raccontano storie di provincia con una leggerezza e una delicatezza rara, a mo’ di confessione. Anche se il deficit linguistico non mi permette di cogliere appieno certi termini (vedi poponi) e non riesco a comprendere il campanilismo Pisa – Livorno, Livorno - Pisa (ce l’han anche con i fiorentini eh), c’è qualcosa della musica dei Gatti che ti fa entrare nel loro mondo, pieno di personaggi stile Amarcord. Forse perché quando racconti certi cose di cuore e con passione, le barriere del linguaggio si abbattono e ognuno di noi ci si può identificare. O forse perché, in fondo, l’Italia è un’immensa provincia.

Mi piace pensare che la loro Pisa sia come gli acquarelli di Gipi: me li immagino ‘sti pisani come i suoi disegni, degli scarabocchi d’autore, ai margini di una città ricca e imborghesita. “Meglio il piscio der gasolio, viva ‘r puzzo di cristiano” dice Piscio ar muro, il brano che apre il disco, segno , forse, di un perduto ritorno alle radici contadine, rispetto alla modernità, o Ti c’ho beccato, dove certi modi di pensare sono anacronistici, da uomo medio al bar. C’è spazio non solo per le piccole realtà, ma anche per i sentimenti in questo album: in Soltanto i tuoi baffi, Novi ricorda suo padre, sempre di fretta, il verso “Il marmo è pesante non riesco a spostare, per farti vedere che scrivo a modino” commuove, perché da piccino scriveva male, e ora vuole dimostrare che ha imparato, è cresciuto. Quello che rimane del padre è un calzino e il ricordo di suoi baffi. 

L’amore per la propria donna è meno forte di quello per la propria terra: Marina è dedicata a Marina di Pisa, la città dove vive Bottai “cantiere di storie di mare gonfiate nei bar”, mentre in L’amore un lo faccio più la vita di coppia dopo tanti anni insieme diventa una routine insopportabile “non potrò trovatti a letto ‘o’carzettoni” strappa una risata amara. Pepe è dedicata alla bimba di quattro anni di Bottai, verso cui riversa le sue preoccupazioni di padre “e quando t’innamorerai, c’avrò l’ansia ma lascerò fa”. Lacrima meccanica è la mia preferita del disco: una donna che si sente inadeguata piange perché è infelice, ma piange a comando, senza provare realmente dolore, incalzata dal suo amante che le rimprovera che bisogna tirar fuori le lacrime per i motivi più importanti come l’amore che sta finendo tra loro “e allora piangi, dai bimba piangi, ma per favore piangi davvero, amore piangi per l’amore che sbanda, però non piangere per questa stronzata”. La cavalleria torna nel brano di chiusura Noi , dove due amanti smarriti nella loro storia d’amore, vivono la vita come se fosse un film e si perdono nelle pennellate di Gipi, allontanandosi e sparendo nei toni caldi. Così mi annullo anch’io nella mia immaginazione.

Tracklist

-          Piscio ar muro
-          Marina
-          Soltanto i tuoi baffi
-          Ti c’ho beccato
-          Pepe
-          Delirio (tittitti)
-          Lacrima meccanica
-          L’amore ‘un lo faccio più
-          Fame (con Brunori Sas)
-          Furio su ‘na ròta
-          Noi

Brani Wow
Piscio ar muro/Soltanto i tuoi baffi/Lacrima meccanica

Voto
@@@1/2 / @@@@@
 




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