giovedì 30 giugno 2011

[MERDA D’ARTISTA] Gianni Drudi – Il goliardico Drudi! (1993)



Lo stato su Facebook di un mio conoscente (prendo subito le distanze) recitava così: ”Ho talmente la fica in testa, che una volta al mese mi sanguina il naso”.

Ecco, questo potrebbe essere lo stato perenne di Gianni Drudi, cantautore (?) romagnolo, ossessionato dal sacro pelo, come non se ne sentiva da tempo.
Tutti i suoi testi sono velati (e neanche tanto) dal doppio senso, come in Tirami su la banana col bacio (il mio pezzo preferito in assoluto), Come è bello lavarsi .

Nel ’91 la Gialappas se ne invaghì, e ne fece oggetto di satira nel programma “Mai dire tv”, ospite fisso in ogni puntata, in cui erano trasmesse le sue esibizioni prese da emittenti private della canzone “Fiki fiki” sua grande hit ( e la hit per eccellenza di ogni singola estate della vostra vita, aggiungo), in cui nel video è al mercato al banco delle mutande da donna (esilarante a dir poco).

Pescando nella sua discografia abbiamo album come “ Bella pompa” e l’ultimo “ Prendi la pecora” che andrebbero comprati solo per il coraggio di averli chiamati così.

Ma come si può voler male al caro Drudi, demenziale fino al midollo, consigliatelo agli amici per svoltare serate noiose.

Tracklist
  1. Ciulli ciulli
  2. Mai dire TV
  3. Scendi dal fico!
  4. Me tira
  5. Come è bello lavarsi
  6. Ma che cazzo dici
  7. Tirami sù la banana col bacio
  8. Melodia
  9. L'oroscopata!
  10. Sesso matto
  11. Fiky Fiky (espain version)
  12. Ciulli ciulli (instrumental) 





E io vi metto pure "Fiki fiki". Buona Estate!

mercoledì 29 giugno 2011

Gogol Bordello – Super Taranta! (2007)



Mettete insieme un gruppo eterogeneo di persone composto da due coriste asiatiche che vengono una dalla Scozia e una dagli Stati Uniti, un violinista e fisarmonicista russo, un bassista etiope, un percussionista ecuadoriano e un cantante carismatico con dei mustacchi niente male dall’Ucraina, frullate il tutto, versate negli appositi contenitori e avrete i Gogol Bordello.

I Gogol Bordello suonano un genere che hanno inventato loro, il gipsy punk, motivato dalle origini tzigane del loro frontman Eugene Hutz ( ma anche gli altri componenti sono tutti immigrati dall’Europa orientale e vivono negli Sati Uniti, a New York), e derivano il loro nome da Nikolai Gogol da cui traggono le loro influenze in campo ideologico, mentre per quelle musicali si rifanno alla Patchanka dei Mano Negra e all’irruenza punk dei Clash.

Già il titolo di questo disco può suggerirvi da dove hanno pescato le influenze musicali: certamente dalla taranta pugliese, che qui si fonde con ritmi zigani, reagge, punk, per creare un disco particolarissimo e pieno di vita, la mirabolante vita bohemien di Hutz, che ne ha passate di tutti i colori , da quando suonava ai matrimoni degli immigrati dell’est europa ( American Wedding) al suo errare per il mondo senza una meta (Wonderlust King)al suo rapporto controverso con la religione  (Supertheory of Supereverything)al suo avere una donna in ogni porto come lecito sia (Zina Marina) e non posso non citare il fatto che sia stato per un breve periodo anche in Italia a lavorare come lavavetri ai semafori, dove è stato arrestato perchè scambiato per un altro zingaro (nell'album Gypsy Punks: Underdog World Strike tale episodio era  menzionato nel celebre brano Santa Marinella, con un bel bestemmione tra i versi,che fece irritare tutti i benpensanti all'Umbria Folk Festival di Orvieto)  .

Ora sono in tour con l’ultimo album Tran Continental Hustle, e torneranno in Italia questa estate.
Dal vivo sono bizzarri, mettono in scena sul palco veri e propri spettacoli frenetici e teatrali (celebre l’usanza di Hutz di farsi trasportare dal pubblico su una specie di scudo, tipo il capo dei Galli di Asterix ).

Lasciatevi andare e cominciate a pogare sulle vostre sedie.

Tracklist

  1. Ultimate
  2. Wonderlust King
  3. Zina Marina
  4. Supertheory of Supereverything
  5. Harem in Tuscany (Taranta)
  6. Dub the Frequencies of Love
  7. My Strange Uncles from Abroad
  8. Tribal Connection
  9. Forces of Victory
  10. Alcohol
  11. Suddenly... (I Miss Caparty)
  12. Your Country
  13. American Wedding
  14. Super Taranta




lunedì 27 giugno 2011

[MERDA D'ARTISTA] : Mauro Repetto - ZuccheroFilatoNero


Chi cazzo è Mauro Repetto? Bella domanda, è quello a destra nella foto, era l’ Andrew Ridgeley (Wham) degli 883, che non è riuscito a trovare il suo spazio all'interno del gruppo, divenendo l’ombra di Max Pezzali, la spalla inutile che faceva solo bella presenza, passato alla storia come “il biondino degli 883”.
Repetto lasciò gli 883 nel ’93,e la sfiga vuole che inseguendo il suo sogno di produrre  film in America sia stato infinocchiato da un presunto avvocato il quale lo ridusse in mutande.
Ma nonostante la triste beffa, il nostro Mauro non demorde, e  comincia (ahinoi) una carriera solista, che lo porta a pubblicare il primo (e unico) capolavoro della sua vita : Zucchero Filato Nero, un disco che fa sanguinare le orecchie, che induce a reazioni che neanche Mariottide ha mai osato procurare.

Il disco rivela l’inadeguatezza di Repetto sia come compositore che come musicista ( e , ammettiamolo, pure come cantante è una sega) ed insegna a tutti noi aspiranti musicisti e non come NON  fare musica, e se non ci credete sentitevi il brano “ Voglia di cosce e di sigarette”.

Pare che dopo il flop del disco, sia andato a lavorare in Francia al parco divertimenti di Disneyland Paris, e  a volte mi chiedo se almeno una volta ho abbracciato questo pover uomo in qualche foto, chissà se era mascherato da Minnie o da  Topolino, mah.

Spero vivamente che qualcuno lo tenga segregato e non lo faccia più avvicinare a una sala registrazioni.

O anzi, ritorna, e uccidi Max Pezzali.

Tracklist
  1. My Love
  2. Zucchero filato nero
  3. Baciami qui
  4. Nervoso
  5. Un grande si
  6. Brandi's Smile
  7. Voglia di cosce e di sigarette
  8. Pero dai si
  9. Porno a Las Vegas
  10. Nual
  11. Ma mi caghi
  12. Fiori o formiche?



giovedì 23 giugno 2011

Fumetto e Musica: Stefano Tamburini aka Red Vinyle

Quando decisi di aprire questo blog mi venne subito in mente una lezione di sceneggiatura alla Scuola Romana dei Fumetti in cui il mio insegnante Alessandro Ruggieri mi parlò di Stefano Tamburini.

StefanoTamburini è stato uno dei più importanti disegnatori in questo paese, padre di Ranxerox, (androide che incarna tutti gli stilemi del coatto, realizzato con i pezzi di ricambio della famosa fotocopiatrice) morto giovanissimo di overdose nell’aprile del ‘86.
Il disegnatore romano è stato uno dei collaboratori di Frigidaire (insieme a Pazienza, Scozzari, Liberatore, Sparagna, Mattioli) una rivista-contenitore che si occupa di fumetto, ma anche reportage,interviste, inchieste (celebre quella sull’Aids) e ( equitivolevo) musica.
Il settore musicale era curato da Tamburo (Steve), che si firmava con lo pseudonimo di Red Vinyle (o Ned Viryle secondo i casi). Le sue erano recensioni molto particolari: erano scritte con sapiente ironia, e puntualmente, il gruppo o artista preso in considerazione veniva denigrato con i peggiori insulti, inneggiando a gruppi molto più bravi, peccato, inesistenti.
Quando i lettori cominciarono a scrivere in massa subodorando che si trattava di band mai sentite, lui rispose spedendo per posta a casa dei mittenti una cassetta (ah, la vecchia musicassetta!) con spezzoni registrati da varie canzoni di gruppi presi a caso, dimostrando che quel gruppo cazzo se esisteva lui aveva il disco!

Sì, Tamburini era un genio, e definirlo semplicemente “disegnatore” è assolutamente riduttivo, poiché si è occupato anche di grafica, design di moda, è stato road manager di Cannibale, ha collaborato col Movimento del ’77 e con Stampa Alternativa, insomma un artista tout-court che ha vissuto nel pieno dei turbolenti anni ’70, in una realtà in cui era calato perfettamente e sapeva raccontare un estrema lucidità .

Quest’anno sono venticinque anni dalla sua scomparsa, gli è stata dedicata una mostra al Napoli Comicon “Echi di Tamburo” curata da Michele Mordente.

Ecco a voi una recensione di Red Vinyle:


Più la leggo e più mi rendo conto che non potrò mai scrivere di meglio.

 
Leggetevi TUTTO di quest’autore. Vi consiglio:

-         Stefano Tamburini – Banana Meccanica” a cura di Michele Mordente
(sull’opera completa dell’autore)       
-         Ranxerox ( da spararselo in vena)

-         Snake Agent (fumetti anni ’30 rimaneggiati e cambiati di senso)

-       La vendetta dell’uomo in ammollo (su Cannibale, dove i testimonial delle pubblicità, rovinati dall’uso dei prodotti, si vendicano)

Omaggio di Andrea Pazienza




 









Bugo – Dal lofai al cisei (2002)


Cristian Bugatti, in arte Bugo, è un ragazzo di Novara che assomiglia terribilmente a Rino Gaetano, scrive testi dissacranti, cantati a mezza bocca e controvoglia, più personaggio che musicista.
E' fermo da qualche anno, e dopo Contatti, non ha pubblicato più nulla, si è dato all’Arte concettuale, con performance e mostre.

Quasi dieci anni fa Bugo uscì con questo strepitoso album Dal lofai al cisei , il primo disco della sua carriera con una major, la Universal, ed ebbe un impatto sul pubblico non indifferente, lanciandolo nell’olimpo dei giovani cantautori italiani più promettenti.

Bugo descrive il quotidiano, trovando piccole sfumature all’interno dei momenti intimi della giornata, rendendoli straordinari: dal brano “Casalingo”, alla noia descritta in “Io mi rompo i coglioni”, una segreteria telefonica che ti riporta alla dura realtà in “Con il cuore nel culo”, o delle insidie appena metti il muso fuori di casa di “Piede sulla merda”.

Ironia, unita a una vena cabarettistica nei live, fanno di Bugo uno degli artisti più interessanti e originali della musica italiana.

 



lunedì 13 giugno 2011

Zen Circus live at LA DARSENA – Castiglione del Lago (PG) 11-06-2011

I Zen Circus sono stati capaci di farmi espatriare dal mio piccolo paese di provincia per arrivare ad un altro a 184 km di distanza dal mio, Castiglione del lago, un posto che per raggiungerlo devi fare 800 rotatorie ( o rotatroie, perché dopo un po’in macchina non ne potevo più) in un locale a due passi dal lago Trasimeno, la Darsena.

Appena arrivata noto subito che ci sono alcuni membri dei Fast Animals and Slow Kids a vedere il concerto, e colgo subito l’occasione per fare i complimenti al cantante, Aimone ( si, avete capito bene, Aimone con la A) per i suoi baffi, mentre vedo Ufo che suona uno strumento strano davanti ad una bancarella.

Dopo una sigaretta mi metto subito vicino il palco, che noto essere rasoterra. I ragazzi intorno a me si conoscono tutti, e mi fissano, evidentemente è chiaro che dopo “ahò ma quannè che sonano?” hanno capito che non sono esattamente di quelle parti, oltretutto io e le mie amiche indossiamo  giacche pesantissime foderate di pail e tutti sono praticamente in costume, e mi sento come in quel film di Totò in cui va a Milano col cappotto.

Intanto l’adrenalina sale (ed io comincio ad abituarmi al clima darseanico e rimango in canottiera), il concerto inizia tardi, dopo la mezzanotte, per la Darsena riecheggia un intro messo in play con l’inno d’Italia.

Gli Zen salgono sul palco ed iniziano subito con “Gente di merda”, cui seguono altri brani tratti dal loro ultimo lavoro “Andate tutti Affanculo”, fino ai grandi “classici” del loro repertorio “Vent’anni” e “Figlio di puttana” cantati a squarciagola da una folla inferocita che non sta ferma un attimo, quasi finisco sul palco dagli spintoni.

Gli Zen dal vivo sono una potenza, beffardi, irriverenti (ad un certo punto Ufo dedica il brano “We just wanna live” alla Madonna) , ma anche divertenti quando eseguono l’immancabile (anche se si avvicina ferragosto) “Canzone di Natale”, con un Karim-Abdul che fa sganasciare dalle risate.
I tre toscani coinvolgono il pubblico in ogni loro cazzeggio o discorso , invitando tutti i ventenni e non, ad andare a votare al Referendum.  Neanche mi rendo conto, tra il sudore e le botte, che il concerto è finito, con la bellissima “Sailing Song”, si spengono le luci sul palco e partono musiche truzzone e tutti in pista a ballare.


Con un’abbondante quantità di vino nel corpo, vado verso il backstage a consegnare il mio disegno (stampato per l’occasione sul supporto rigido) ad Appino che mi saluta con un “Ciao Dottoressa”, mi offre una birra nel backstage, e tra una chiacchierata, una foto, e una figura di merda epocale (ad un certo punto sono così sbronza da scambiare birre per banane) dopo essermi ripresa, mi rimetto in viaggio, verso casa.


E di nuovo quelle maledette rotatroie.















Foto: Giulia Delprato 





giovedì 9 giugno 2011

Mariposa - Mariposa (2009)




Se quest’album fosse uscito negli anni ‘70, probabilmente, i Mariposa sarebbero stati considerati  alla pari di gruppi come Area, Banco del Mutuo Soccorso. E invece sono tutti musicisti degli anni zero, sette per l’esattezza, e sono Alessandro Fiori (voce), Gianluca Giusti (tastiere), Enzo Cimino (batteria), Michele Orvieti (tastiere), Rocco Marchi (basso), Valerio Canè (basso), Enrico Gabrielli (fiati), tutti artisti provenienti da vari gruppi o con progetti paralleli.

I Mariposa definiscono il loro genere “musica componibile”, come le cucine Ikea ,a causa delle loro varie contaminazioni musicali , che vanno da suoni catatonici loop stile anni ’70, all’ elettronica, al funk.

Mariposa”è il loro nono album in studio, dimostra una vena pop, è un viaggio onirico denso di suggestioni metropolitane,canzoni che rivelano la straordinaria capacità compositiva di Alessandro Fiori che regala con una struggente dolcezza versi che rivelano un’interiorità complessa e forte, storie di vita intense.

Perdersi e ritrovarsi in un album splendidamente orchestrato.